L’assenza di glutine “glutenfree”, Roberta Maranzana
“VIA DALLA SPIGA” un nuovo marchio per un’ormai nota bottega artigianale con un laboratorio sul retro e ora un nuovo Bistrò in centro a Milano:
C’è un nuovo messaggio dietro un nuovo marchio?
È un gioco di parole. Il richiamo alla targa della rinomata via milanese è una provocazione. Milano è la mia città e per tutto il tempo in cui questo mio progetto si è sviluppato non ho mai dimenticato di porre costante attenzione oltre che al buono anche al bello. Si mangia prima con gli occhi, non dobbiamo dimenticarlo. Poi c’è il palato che non deve in ogni caso essere tradito. Poniamo un’attenzione maniacale al
gusto e all’aspetto dei nostri prodotti, dei nostri piatti e dei luoghi in cui accogliamo i nostri clienti e credo che questa nuova insegna riesca a sintetizzare tutto questo. Poi c’è ovviamente la “spiga” che in quella lettera cancellata che la precede sintetizza il progetto : un produzione completamente senza glutine.
Eliminare la parola “glutine” dal logo è un po’ andare controcorrente, cosa che io personalmente adoro: in un mercato in cui tutti cercano di entrare nel mondo del gluten free (perché obiettivamente non è più possibile non prendere in considerazione questo aspetto se si lavora nella ristorazione), io –che in questo mondo ci sono entrata da ormai più di due anni accettando la sfida di una produzione fresca che nel rispetto dei vincoli stringenti di questo mondo soddisfacesse comunque palati esigenti- voglio oggi alzare la sfida e proporre una cucina per tutti che però, trattando materie prime particolari, rispetti le principali intolleranze alimentari fino ad arrivare alla celiachia
Che mondo sarebbe senza… “glutine”?
Viviamo nel Bel paese dove pasta, pane e pizza sventolano fieri come vessilli accanto al nostro Tricolore….Credo che per certo, alzandoci una mattina in un mondo senza glutine, la vita dei nostri rinomati mastri pastai, pizzaioli e panettieri risulterebbe ben più complicata.
Comunque senza glutine chiama “celiaci”: si riesce a parlare in termini che risultino comprensibili ai più?
La Celiachia è una patologia autoimmune .
Se le persone affette dalla malattia celiaca ingeriscono glutine, un proteina contenuta in molto cereali –primo fra tutti il frumento- il loro sistema immunitario sviluppa una reazione “di difesa” che aggredisce i villi intestinali, danneggiandoli fino a distruggerli. In altre parole, come nel caso di un’allergia una classe di anticorpi (le immunoglobuline) viene chiamata in gioco quando viene introdotto un allergene, così nella celiachia si ha una risposta anticorpale massiva in caso di ingestione di glutine.
Solo che, come accade nelle malattie autoimmuni, la risposta anticorpale è tale da “attaccare” anche il “self”, cioè noi stessi.
Più precisamente nell’intestino del celiaco che ingerisce glutine si assiste a una risposta anticorpale verso la gliadina (contenuta nel glutine) e verso l’intestino stesso e questo causa un’infiammazione che crea un danno ai villi presenti nell’intestino tenue, atrofizzandoli.
Nel caso della celiachia, però queste cellule non vengono attaccate se non si introduce glutine.
Di qui due considerazioni:
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la prima che i celiaci devono assolutamente seguire una dieta priva di glutine per tutta la vita ed è importantissimo che comprendano che anche una piccolissima quantità di glutine può danneggiare l’intestino tenue;
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la seconda che una prolungata esposizione al glutine in un soggetto celiaco non diagnosticato può aumentare di molto la probabilità che questi sviluppi altre malattie autoimmuni, spesso ben più gravi in termini di possibilità di cura.
In che senso si parla di celiaco non diagnosticato o perché un celiaco dovrebbe volontariamente scegliere di non seguire un’alimentazione corretta?
In realtà i sintomi della celiachia variano notevolmente da paziente a paziente e spesso può risultare molto difficile riconoscere la celiachia perché i sintomi presentati dal soggetto sono molto simili a quelli di altre malattie. Conseguentemente si rischia di sottovalutare la celiachia o scambiarla per un’altra malattia per un tempo sufficientemente lungo a permetterle di produrre danni notevoli all’intestino. A oggi sicuramente questo aspetto viene tenuto molto in considerazione dai medici che sempre più spesso indagano in questa direzione.
Discorso diverso è quello di persone conscie del proprio stato che “credono” che concedersi uno strappo alla dieta ogni tanto non sia poi così dannoso. Non sa quante persone incontro ogni giorno che ancora attribuiscono “gradi di gravità” alla celiachia confondendo i danni causati, in ogni caso, dalla malattia con il fatto che i sintomi possono essere più o meno marcati, sino ad essere completamente assenti in alcuni soggetti. Personalmente ritengo che siano proprio questi i soggetti più a rischio in quanto la totale assenza di sintomi li tiene spesso all’oscuro della malattia.
In parole semplici non si può dire che uno è più celiaco di un altro: sono i sintomi a rendere più problematica la gestione della malattia e il problema dell’alimentazione, soprattutto fuori casa.
Eppure ci sono persone che presentano i sintomi tipici della celiaca ma che non sono diagnosticate come tale…
Assolutamente. Così come esistono celiaci che non hanno sintomi, esistono persone che presentano, anche in forma molto marcata, molti dei sintomi tipici della celiachia pur risultando, dopo accurate analisi, NON celiache.
Entriamo nel campo della Gluten Sensitivity, che potremmo descrivere come una forma di ipersensibilità al glutine. Spesso viene definita come un’intolleranza ma in realtà, a differenza delle allergie, e delle malattie autoimmuni, non esiste nel soggetto, che presenta i sintomi tipici della celiachia, nessuna risposta anticorpale.
E di chen numeri stiamo parlando?
Celiachia e Gluten Sensitivity colpiscono in tutto il mondo tendenzialmente con la stessa proporzione, salvo alcuni casi in cui per peculiarità legate alla zona si rileva una concentrazione superiore alla media, come la Svezia o il Saharawi. In generale possiamo dire che 1 persona su 100 è celiaca, mentre 6 su 100 risultano ipersensibili al glutine.
Un mercato comunque in forte crescita…: ci si ammala di più?
Credo che rispetto a molti anni fa siano aumentate le diagnosi, come dicevo prima: oggi sempre più medici hanno imparato a riconoscere una patologia alimentare come la celiachia dietro a sintomi tra i più disparati.
Ma occorre anche dire che le stesse diagnosi a cui mi riferisco, se riduciamo l’orizzonte temporale al lustro passato non sono certo aumentate così esponenzialmente, ma soprattutto non sono cresciute proporzionalmente alle vendite di prodotti senza glutine. Questi dati ci suggeriscono che sicuramente dietro alla crescita esponenziale del mercato del senza glutine ci siano un fattore moda e business.
Sono sempre di più le persone che pur non essendo celiache scelgono di alimentarsi senza glutine.
Quindi ci sono dei benefici ad alimentarsi senza glutine?
Per i celiaci alimentarsi senza glutine è una necessità. Per chi è affetto da Gluten Sensitivity non è una “necessità” se si pensa ai danni fisici ma può diventarlo se si ragiona in termini di difficile convivenza con una fastidiosa sintomatologia.
Poi…poi c’è tutto il mondo delle persone che “scelgono” di alimentarsi in questo modo perché credono di riscontrare un giovamento.
Non posso smentirli, perché realmente notano una migliore digeribilità o una minore ritenzione idrica…ma devo onestamente dire –cosa che faccio costantemente – che a oggi non esiste alcun fondamento scientifico conclamato a favore dell’alimentazione senza glutine a prescindere da particolari esigenze. O meglio…diciamo che il mondo dell’alimentazione si divide in 2: coloro che cercano da tempo di portare all’attenzione pubblica i benefici di un’alimentazione senza glutine –così come senza lattosio, zuccheri raffinati e grassi- e coloro che ritengono che queste recenti “supposizioni” siano e debbano rimanere solo tali e attribuiscono alla crescente attenzione per il senza glutine solo una manovra di marketing.
Vero è che ognuno risponde in modo del tutto personale …per cui non mi sento di cercare di convincere qualcuno che non esiste alcun fondamento a quello che dice se questi è convinto di sentirsi meglio da quando mangia senza glutine.
Quello che però faccio è far presente che se ritengono di essere celiaci o avere comunque un’ipersensibilità al glutine è sbagliato curarsi da soli, anche perché le diete fatte prima dei doverosi accertamenti non fanno altro che rendere ancora più difficile la ricerca del problema.
Per non parlare di coloro che hanno idee del tutto personali sull’alimentazione, come quelli che credono che l’eliminazione del glutine sia compatibile con diete prive di carboidrati finalizzate a un dimagrimento…
OK… ma ci sono delle controindicazioni a mangiare senza glutine se non si è celiaci?
Ovviamente no. Non vedo come potrebbero essercene. Basta pensare al fatto che il glutine è contenuto in un certo numero di cereali a cui si può tranquillamente rinunciare senza che questo crei degli scompensi alimentari. Se invece di pasta e pane io scelgo di mangiare riso, patate o polenta… di certo non tolgo i carboidrati dalla mia alimentazione.
Ma questo vale per un’alimentazione naturalmente priva di glutine, sia nel senso di prodotti come le patate, il riso o altri cereali, sia nel senso di prodotti da forno fatti con farine di cereali naturalmente privi di glutine, tipo la polenta.
Diverso è il discorso per i prodotti confezionati presenti sul mercato che per la maggior parte sono erogati dal Sistema Sanitario Nazionale. Questi prodotti infatti nella quasi totalità contengono un quantitativo di grassi e zuccheri superiore agli omologhi prodotti da forno contenenti glutine e questo perché per le loro peculiarità le farine senza glutine presentano caratteristiche tali da renderne più difficile la lavorazione in termini di sofficità ed elasticità.
Ma cucinare senza glutine è difficile?
Si per diversi motivi. Dal punto di vista dell’esecuzione per esempio le farine senza glutine non sono idonee, come la farina di frumento, alla panificazione, in quanto il glutine gioca decisamente un ruolo importantissimo nella produzione di pane e lievitati, e in sua mancanza è praticamente impossibile ottenere gli stessi risultati, quantomeno per chi non padroneggia la materia. Dal punto di vista dell’approvigionamento, poi, molti prodotti presenti in commercio non sono utilizzabili in quanto contengono glutine o sono “contaminati” da esso durante il loro processo produttivo. Ovviamente il problema della contaminazione di un prodotto durante le fasi produttive non tocca chi non è affetto da celiachia o gluten senitivity. Infine tra le “difficoltà” di un’alimentazione senza glutine mi sento di annoverare anche il costo che è decisamente più elevato, anche se non condivido il pensiero di molti che questo sia da ricondursi esclusivamente a una forma di speculazione.
Quindi “senza glutine”non significa “senza gusto”?
Cominciamo con il pensare che il problema del glutine coinvolge solo una sfera della nostra ricca cucina. Se mettiamo da parte per un momento il problema della contaminazione , praticamente tutte le carni, i salumi, i latticini, le verdure e la frutta sono senza glutine. E se pensiamo alla vastità della cucina italiana, sono molti i piatti che, senza che nessuno ci pensi, sono privi di glutine perché realizzati con farine che lo sono. Partendo dall’alto del nostro Stivale mi vengono in mente le “tegole” deliziosi biscotti valdostani, o gli amaretti, morbidi o secchi, il castagnaccio, la polenta la farinata… senza contare il mondo dei primi piatti legato ai risotti. E poi ci sono una quantità ancora maggiore di piatti in cui la farina di frumento può essere tranquillamente sostituita senza creare alcuna differenza in termini di palatabilità e in alcuni casi addirittura ottenendo un prodotto più leggero, magari migliore. Mi vengono in mente per esempio tutte le fritture e i cibi in pastella che al posto della farina 00 usano la farina di riso. Cucina cinese docet.
Ed è proprio partendo da questi spunti che credo si possa creare una cucina nuova.
Attraverso la ricerca continua cerchiamo ogni giorno di trasformare una cucina classica di eccellenza, tutta tipicamente italiana, utilizzando semplicemente delle materie prime “nuove”, diverse da quelle tradizionali.
Viviamo in un mondo in cui o fai in modo eccellente qualcosa di “classico” o ti inventi qualcosa di nuovo. Ecco. Io cerco di creare qualcosa di nuovo che sia eccellente.
Ma dalla tradizione colgo solo gli spunti non cerco con i miei prodotti di “scimmiottare” i cugini “glutinosi”. Non è con loro che cerco il paragone del cliente. Il confronto quotidiano che abbiamo ogni giorno è con il gusto.
La scelta di lavorare il senza glutine è la scelta di un qualcosa di difficile, è la sfida quotidiana che rende stimolante il nostro lavoro. Come ho detto più di una volta “i celiaci non avevano bisogno di qualcuno in più che desse loro da mangiare. La sfida da raccogliere era fare un cibo per tutti che potesse essere mangiato ANCHE dai celiaci. E quando ti confronti con “tutti” gli standard di gusto sono alti, per quello che dicevo prima e cioè che il mondo della ristorazione oggi ti impone per essere “competitivo” o di creare qualcosa di eccellente o di creare qualcosa di nuovo.
Non voglio relegare i nostri clienti a una categoria di persone che appartengono a una nicchia costretta ad alimentarsi in un determinato modo. Non voglio che i miei prodotti vengano considerati succedanei di prodotti “più nobili” solo perché prodotti con il frumento. Ci piace considerarci innovatori in campo culinario.
Credo nei “tirar fuori” il buongustaio che è in ognuno di noi. Presentiamo preparazioni nuove che non debbano come primo intento essere confrontate con altre. Vogliamo tracciare una nuova “Via” e dare una rinnovata dignità a prodotti, fino a ora considerati di nicchia.
Se poi la scienza confermerà agli occhi dei più scettici che il glutine è più dannoso di ciò che si pensi, beh… allora avremo vinto la sfida più grande.