Al MUDEC dal 26 novembre 2020 al 28 marzo 2021 ROBOT The Human Project

La mostra:

racconta la storia della relazione tra essere umano e uomo artificiale, dagli albori fino all’ultimissima esperienza concreta nella battaglia contro Covid-19

affascina il pubblico attraverso le nuove frontiere della robotica

diverte attraverso l’interazione tra visitatore e robot

invita a riflettere sulle questioni aperte, dalla biorobotica alla roboetica fino al pensiero artificiale

Dai primi congegni meccanici dell’antica Grecia alle macchine di Leonardo, dagli automi che stupivano le corti barocche alle moderne meraviglie della tecnologia l’uomo è sempre stato attratto dall’idea di creare un proprio simile artificiale.L’avventura della robotica è un racconto affascinante, che il Mudec affronta in una mostra che mette al centro del percorso l’essere umano e il suo rapporto con il robot tra passato, presente e futuro.

Robot. The Human Project” è il progetto espositivo che il MUDEC di Milano presenterà al pubblico a partire dal 26 novembre fino al 28 marzo 2021.

La mostra è promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione conFondazione Deloitte, main sponsor del Museo, l’Istituto di Bio Robotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il principale istituto universitario dedicato alla ricerca sulla robotica in Italia e al supporto tecnico e scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT); inoltre è realizzata grazie al sostegno di Gruppo Unipol, che è main sponsor del progetto.

 

Il percorso espositivo racconta – con un approccio fortemente interdisciplinare – la storia della relazione tra l’essere umano e il suo doppio artificiale, dai primi automi fino ai cyborg, agli androidi e ai robot emotivi dei giorni nostri, svelando al pubblico i risultati concreti finora raggiunti, gli straordinari sviluppi tecnologici e le frontiere della robotica e della bionica; ne ripercorre il fascino antico esercitato sull’uomo dall’automa nell’era della meccanica, l’incessante aspirazione dell’essere umano a crearealter ego che assottigliano sempre più le barriere tra artificiale e naturale; robot antropomorfi e biomorfi dotati di un’intelligenza artificiale che necessariamente sollevano già da ora e sempre più spesso questioni etiche e riflessioni sociali ineludibili, a livello globale.

Un progetto espositivo articolato attraverso un allestimento che esalta un approccio immersivo ed esperienziale, pensato anche a misura di bambino.

La mostra è diretta infatti a differenti tipi di pubblico: agli adulti che troveranno una chiave di lettura sul futuro, alle scuoleche avranno modo di entrare nel mondo della ricerca e dei temi più attuali del dibattito sulla robotica, alle famiglie che potranno provare l’emozione unica di interagire direttamente con alcuni dei robot più all’avanguardia del mondo o ammirare quelli antichi in movimento.

La mostra ha un triplice respiro: tecnico-scientifico, antropologico e artistico.

Sono queste infatti le tre “voci” portate dai curatori: Alberto Mazzoni, fisico e bioingegnere, responsabile scientifico del Laboratorio di Neuroingegneria computazionale dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; Antonio Marazzi, antropologo, già professore ordinario di Antropologia Culturale e Direttore del corso di perfezionamento in Antropologia Culturale e Sociale presso l’Università di Padova; Lavinia Galli, storica dell’arte e conservatrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano.

IL PERCORSO

 

 

I PRIMI AUTOMI.

Il fascino che il suo doppio tecnologico esercita sull’uomo affonda le radici in esperimenti antichi. Dai matematici alessandrini agli scienziati arabi, dai grandi ingegneri del Rinascimento e del Barocco fino agli androidi settecenteschi, il pubblico conoscerà gliantenati dei robot umanoidi, antichi capolavori della tecnica, all’interno di una scenografia interattiva e immersiva che faciliterà l’esplorazione del funzionamento dei meccanismi antichi.

Protagonisti della prima parte del percorso saranno infatti gli automi antichi originali giunti da tutta Europa (in mostra, tra gli altri, l’Automa cinquecentesco di Janello Torriani, l’Automa diavolo di Manfredo Settala e la spettacolare oreficeria di Diana Cacciatrice)Queste macchine in grado di muoversi autonomamente attraverso un ingegnoso sistema meccanico nascosto, sono spesso anche meravigliose oreficerie, e incanteranno il pubblico di oggi come di allora, anche grazie ai video che li mostreranno in azione.

Gli automi del passato furono macchine straordinarie, spesso frutto della collaborazione di eccezionali artefici e abili artisti, le cui forme imitavano o gli animali o le persone, ma che furono sempre utilizzati con uno scopo ludico o spettacolare, mai pratico, sviluppandosi parallelamente nell’ambito del teatro e dell’orologeria.

Durante l’epoca barocca, vera e propria età dell’oro della meraviglia e meccanica di precisione, vennero creati lussuosi automi che si muovevano grazie alle nuove meccaniche messe a punto nell’orologeria. Questi oggetti trovavano il loro luogo di elezione nelle Wunderkammern, le camere delle meraviglie create per stupire.

Ed è proprio ad una di queste collezioni che si ispira la scenografia di questa sezione storica: la Wunderkammer di Manfredo Settala, dove trova spazio una delle opere-simbolo del Museo delle Culture e della mostra, Il Demone-Automa. Il meccanismo automatico era affascinante ed estremamente avanzato per il suo tempo: girando la manovella, il diavolo muoveva occhi e lingua emettendo suoni spettrali e fumo dalla bocca. Una videoinstallazione ne ricostruirà il funzionamento originario, così come sarà possibile approfondire, attraverso touchscreen a disposizione del pubblico, il funzionamento della Matrona che suona un timpano, forse il primo androide mai realizzato, magnifico quanto inquietante automa del genio cremonese rinascimentale Janello Torriani.

Durante questa prima “era della meccanica” che precede l’avvento dell’elettronica gli automi – pur creando grande stupore e fascino – poterono riprodurre in realtà solo poche funzioni “umane”: muoversi, suonare o scrivere, perché anche per svolgere queste semplici azioni era necessario sviluppare delle notevolissime complicazioni meccaniche. È con l’avvento dell’elettronicache la ricerca robotica realizzerà un vero e proprio salto “quantico”.

Con l’era dell’elettronica e del calcolo elettronico si apre un nuovo mondo di possibilità, introdotto in mostra da una sezione ad hoc, realizzata grazie al supporto della Fondazione Natale Capellaro – Laboratorio-Museo Tecnologicamente di Ivrea, che raccoglie l’eredità tecnico-scientifica e culturale dell’industria Olivetti.

Se è vero infatti che i primi sussidi mnemonici e le prime tecniche di calcolo risalgono all’antichità e poi le calcolatrici meccaniche accompagneranno lo sviluppo dell’era industriale, è con l’elettricità e quindi l’elettronica che si alimentarono meccanismi computazionali sempre più complessi, ampliando esponenzialmente le possibilità di elaborare informazioni alfanumeriche, fino ad arrivare alla realizzazione dei moderni personal computer.

Tra i pionieri nel campo di queste applicazioni si distinse l’italiana Olivetti, che nella seconda metà degli anni Cinquanta cominciò a produrre calcolatori meccanici a funzionamento elettronico. Sono computer inizialmente rudimentali, dalle enormi dimensioni e dalle capacità ridotte ma che tracciano la strada per gli avanzati software odierni. In mostra i primi calcolatori meccanici Olivetti, come la Olivetti Programma 101, classe 1965, il primo computer da tavolo al mondo, oggi esposto al MOMA di New York.

Il successivo salto epocale si avrà con l’avvento dell’era digitale, che comporterà una crescita esponenziale della possibilità di elaborazione dei dati. Siamo arrivati ai giorni nostri.

DALL’AUTOMA AL ROBOT. UN SALTO EPOCALE.

Figura emblematica dell’evoluzione artificiale dell’era dell’elettronica è il robotspecie nella forma dell’androide, versione tecnologicamente avanzata del sogno antico rappresentato dall’automa.

Con il robot umanoide, replica del suo creatore,” afferma Antonio Marazzi, co-curatore della mostra “l’uomo mira a realizzare un progetto creativo di invenzione ed espansione delle proprie facoltà fisiche e intellettive, per intervenire sul mondo esterno. Una operazione di mimesi, quella degli androidi, che facilita l’inserimento del robot nell’ambiente umano e la comunicazione con gli uomini.” Lo raccontano molto bene le successive sezioni della mostra dedicate alla robotica moderna applicata alla medicina e alle neuroscienze, ossia la bionica, e la sezione dei robot umanoidi.

La bionica – frontiera della ricerca scientifica – ripara organi, ripristina funzioni vitali, integra o sostituisce arti umani mancanti o perduti con veri e propri pezzi di ricambio, fondendo organico e inorganico e avvicinando sempre di più l’artificiale all’uomo, come spiega questa sezione in cui sono in azione arti artificiali a scopi biomedici.

Ne è un illustre esempio l’ultimissimo prototipo di arto artificiale tutto made in Italy, Mia, la mano interattiva sviluppata nel 2018 da Prensilia, spin-off dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Vero e proprio prototipo rivoluzionario, Mia può interagire direttamente con il sistema nervoso centrale in quanto collegata alle terminazioni nervose superstiti di un arto mutilato. Come una vera mano, chi la indossa potrà ritrovare la funzionalità del movimento naturale; è infatti il pensiero tradotto in impulsi elettrici, e non uno stimolo meccanico, a farla lavorare.

La realtà del Cyborg, l’umano con innesti artificiali che riesce a riprodurre in silico le attività biologiche responsabili delle funzioni cognitive umane, erode sempre di più il confine tra artificiale e umano: qual è il limen tra esigenza di ripristino funzionale di un arto dovuto a una patologia o a un incidente e il potenziamento ad infinitum delle caratteristiche psicofisiche umane? E per quali scopi?

I COBOT (COLLABORATIVE ROBOT), E UN ESEMPIO DI COLLABORAZIONE RIUSCITA NELLA LOTTA AL COVID-19

L’interazione uomo-macchina avviene oggi a un livello cosiddetto collaborativo, ovvero di aiuto e assistenza all’uomo, sia nella quotidianità che in situazioni di rischio.

I robot umanoidi negli ultimi tempi stanno conquistando progressivamente la fiducia dell’uomo con i loro comportamenti, dopo un iniziale timore diffuso legato alla somiglianza con l’uomo che invece di avvicinare in realtà allontanava le persone, creando diffidenza.

Scopriamo dunque i Cobot, (da “collaborative robot “), robot che sanno riconoscere e suscitare emozioni e sono connotati da un’utilità e accettabilità sociale che sono le loro caratteristiche dominanti. Sono ormai i nostri compagni di viaggio, vivono tra noi e con noi.

Interagiscono fisicamente con l’uomo nello spazio di lavoro, assistono gli anziani, fanno da infermieri, giocano e aiutano i bambini nel fare i compiti. Simpatici, comunicativi, emotivi, interagiscono con le dinamiche psicologiche dei loro interlocutori, captando e riproducendo visivamente reazioni emotive.

In un vero e proprio percorso esperienziale pensato per una fruizione ad hoc anche da parte del pubblico dei giovanissimi, nelle sale i visitatori si muoveranno interagendo con i robot umanoidi, camminando e parlando con loro: attraverso scambi di sguardi, espressioni, dialoghi inaspettati, i robot possono suscitare meraviglia, commozione, ilarità, empatia, innescando un desiderio di confronto che rimane impresso nella memoria di chi ha la fortuna di interfacciarsi con loro. Si va dal giapponese “social robot” Pepper, che usa piattaforme robotiche programmabili didattiche per avvicinare i bambini alle nuove tecnologie a RoboThespian, grande attore e intrattenitore, che si esibisce sulle scene di tutto il mondo, anche lui con spiccata vocazione per la divulgazione scientifica. Non si può poi non ricordare che in mostra “tornerà” il robottino Sanbot Elf, lo specialista nelle emozioni ma che, durante i mesi di massima emergenza coronavirus, ha dato prova con le sue qualità di essere stato un irrinunciabile supporto al team medico in corsia nel reparto “Covid-19” dell’ospedale di Circolo e Fondazione Macchi della ASST Sette Laghi di Varese. L’emergenza dovuta alla pandemia – purtroppo ancora in corso – ha cambiato la missione di questo robot, che per sua natura progettuale ha la capacità di registrare molti dati e informazioni e far interagire due (o più) esseri umani a distanza, sfruttando la telepresenza. Da marzo a novembre Sanbot Elf ha “prestato servizio” in corsia, monitorando a distanza le condizioni cliniche dei pazienti covid-positivi, riducendo così da un lato il consumo di dispositivi di protezione e ottimizzando il tempo di medici e infermieri, e dall’altro, con il viso simpatico e le dimensioni di un bambino che tanto lo caratterizzano, interagendo con il paziente attraverso la voce in remoto del medico, per farlo sentire meno “solo”.

I robot possono inoltre sostituire l’uomo in compiti gravosi come in alcune ripetitive mansioni industriali sotto la guida degli uomini (nascono anzi con questo scopo), o in compiti pericolosi laddove la stessa sopravvivenza sarebbe in pericolo. È il caso del robot tutto italiano Soryuil robot che porta soccorso laddove gli uomini non possono andare. Lo snake robot (è infatti un robot biomorfo serpentiforme) ha esplorato la centrale nucleare di Fukushima dopo il disastro del 2011, fornendo preziose informazioni.

Gli aspetti pacifici e umanitari sono un’altra lodevolissima occupazione prediletta dai robot di ultima generazione: è il caso delPlantoide, la pianta-robot, primo esempio al mondo di robotica che si ispira al mondo vegetale. È stato ideato dall’équipe della scienziata italiana Barbara Mazzolai nei laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia nel contesto di un progetto europeo. La pianta robotica penetra con le sue radici artificiali nel terreno e lo esplora copiando il comportamento dei vegetali. Costituisce uno dei traguardi più avanzati della robotica soft, in quanto getta le basi per lo sviluppo di dispositivi robotici che possonocambiare forma e crescere come un organismo vivente: i veri e propri robot del futuro. I sensori delle sue “radici intelligenti” analizzano la composizione del suolo, individuando l’eventuale presenza di sostanze inquinanti e stabilendone l’adeguatezza alle colture. Tanti traguardi italiani dunque, nella robotica più avanzata.

Ma oltre agli aspetti pacifici e agli scopi umanitari, i robot sono anche oggetto di interessi militari, che deviano la ricerca tecnologica dal progresso scientifico condiviso. L’assottigliamento progressivo della differenza tra uomo e macchina pone il visitatore di fronte a numerose “questioni aperte” su temi come bioetica, responsabilità della macchina, pensiero artificiale. Questo è uno dei temi portanti della mostra, su cui il visitatore è invitato a riflettere.

Fortissime implicazioni etiche anche per lo sfruttamento della cosiddetta “intelligenza artificiale” – l’ultima sezione del percorso espositivo – algoritmi in grado di imparare da soli e in grado quindi di prendere decisioni autonome. Questo porterà nel futuro prossimo anche enormi implicazioni giuridiche sulla responsabilità delle azioni eseguite da robot sempre più indipendenti: basti pensare agli autoveicoli a guida autonoma, per fare solo l’esempio più eclatante.

L’IMMAGINARIO FANTASCIENTIFICO E LA POP CULTURE.

Le ricerche e le invenzioni sorprendenti nella robotica hanno stimolato la fantasia umana anche nei campi dell’arte, della letteratura e del cinema.

La fantasia da sempre ha influenzato lo sviluppo tecnologico, e viceversa.

Pop Culture”, così si chiama la sezione che accompagna lo spettatore lungo tutto il percorso, racconta il vastissimo mondo dell’immaginario fantascientifico noto al pubblico, in un continuo dialogo tra frontiere della scienza e immagini della fantascienza. Dai personaggi di Asimov a Wall-E, da Pinocchio a Jeeg Robot, da “Metropolis” a “Blade Runner”, attraverso filmati, fumettimanga e maquette dei super eroi conosciuti e amati da tutti perché parte della nostra cultura di massaIl percorso sull’immaginario fantascientifico è curato dal collezionista ed esperto di Pop Culture Fabrizio Modina.

 

LA ROBOTICA AL MUDEC.

Fin dall’antichità gli esseri umani hanno riflettuto attraverso leggende, mitologie e letteraturasull’invenzione di alter ego artificiali, macchine in grado di coniugare tratti umani con potenzialità ritenute superumane. Ma solo negli ultimi decenni l’evoluzione scientifica e tecnologica nell’ambito della robotica ha prodotto risultati eccezionali, con la creazione di robot sempre più complessi,  capaci di alleggerire, potenziare o in alcuni casi sostituire il lavoro umano; e solo nell’ultima manciata di anni, la robotica sta investendo e influenzando in maniera esponenziale la nostra società su scala globale: dall’industria e dal lavoro, alla sanità – come ci ha insegnato in questi mesi il supporto della robotica nella lotta all’emergenza da Covid-19 – alla guerra, dai disastri ambientali alla sfera relazionale e affettiva.

L’impressionante avanzamento tecnologico in questi campi, i risultati concreti, le prospettive aperte e tutte le possibili implicazioni portano quindi con sé anche interrogativi etici, sociali e culturali di primaria importanza, su cui è fondamentale riflettere e far riflettere le generazioni.

È con un senso di urgenza che il Museo delle Culture si appresta a realizzare questa grande mostra sulla robotica. Il MUDEC infatti mira a far dialogarecostantemente arte, fotografia, etnologia, design, costume, scienza, tecnologia, e costituisce un innovativo polo di riflessione, ricerca e narrazione sulla complessità culturale della società contemporanea, attraverso la lente dell’alterità e della pluralità.

Affrontando tale approccio multidisciplinare, “Robot. The Human Project” si appresta a sviluppare questo avvincente viaggio insieme al visitatore.

 

Il catalogo della mostra “Robot. The Human Project” è edito da 24 ORE Cultura e disponibile in vendita presso il bookshop della mostra, in tutte le librerie e online.

 

INFO UTILI:

MUDEC – Museo delle Culture di Milano (Via Tortona, 56)

DATE                                      26/11/2020 – 28/03/2021

BIGLIETTI                             Intero € 14 | Ridotto € 12

INFORMAZIONI                  tel. 02/54917 (lun-ven 10.00-17.00)

ORARI                                    Lunedì 14.30 – 19.30

Martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30

Giovedì e sabato 9.30 – 22.30

La biglietteria chiude un’ora prima (ultimo ingresso)

Per gli orari di visita e le modalità di ingresso in mostra e per conoscere i protocolli di sicurezza usati all’interno del museo per il controllo e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 controllare sempre sul sito mudec.it | info@mudec.it

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