TUMORE AL SENO: CHI ALLATTA È PIÙ PROTETTA
Per favorire un allattamento al seno senza problemi è utile tenere il neonato nella giusta
posizione, favorire una suzione corretta e se serve, utilizzare creme che riducano dolore e
infiammazione
Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno. Adesso che volge al termine, non
bisogna comunque spegnere i riflettori su tale patologia. Oltre che sottoponendosi ai controlli
periodici e seguendo corretti stili di vita, c’è anche un altro modo per ridurre il rischio di sviluppare
questa malattia: allattare il proprio figlio al seno. L’allattamento è quindi un gesto che ha effetti
postivi non soltanto sul neonato, ma anche sulla mamma.
Nello specifico, nelle donne che allattano al seno il rischio di sviluppare un tumore alla mammella
diminuisce del 4,3% per ogni anno in cui si porta avanti questa pratica. Inoltre, in chi è predisposta
alla malattia geneticamente per via della mutazione del gene Brca1 (il cosiddetto “gene Jolie”,
visto che anche l’attrice Angelina Jolie ha ereditato tale mutazione) l’allattamento al seno fa calare
le probabilità di sviluppo di questo tumore del 45%, percentuale che sale al 59% se si hanno
parenti stretti con tale patologia.
La riduzione del rischio di tumore al seno conseguente all’allattamento è dovuta al fatto che solo
quando allatta la ghiandola mammaria giunge alla sua completa maturazione e così diventa più
resistente alle mutazioni che possono causare tale tumore. Inoltre, quando si allatta si riduce la
produzione di estrogeni, fattore che protegge dal carcinoma mammario. Perché l’allattamento al
seno protegga effettivamente dal tumore alla mammella è però fondamentale seguire uno stile di
vita sano, rinunciando al fumo, limitando il consumo di alcolici e svolgendo attività fisica
regolarmente.
Oltre che proteggere dal tumore alla mammella, l’allattamento al seno abbassa anche il rischio di
comparsa di osteoporosi in età avanzata, la possibilità di sviluppare diabete di tipo 2 e di soffrire di
depressione post partum. Inoltre, determinando un maggior consumo energetico, permette alle
neomamme di tornare in forma velocemente. E non è tutto, perché questa pratica rinforza il
legame fra la mamma e il bambino. Tuttavia, non è sempre tutta rose e fiori. Soprattutto all’inizio,
a causa di scorrette posizioni in cui può essere tenuto il neonato o di un attacco errato della bocca
del piccolo, possono verificarsi dei problemi.
«In questi casi, la neomamma può avvertire dolore e può comparire un arrossamento a livello di
areola e capezzolo. È anche possibile che si formino dolorose ragadi al seno e, nel corso del tempo,
le condizioni possono peggiorare, con la comparsa di ingorghi mammari, che possono evolvere in
mastiti. Tutti questi disturbi non devono essere considerati come fisiologici ed è necessario
intervenire per migliorare la situazione. Il rischio, altrimenti, è che la mamma smetta di allattare al
seno», spiega la dottoressa Raffaella Aliperti, consulente per l’allattamento e sostegno al post
partum del Centro di Aiuto alla Vita della Clinica Mangiagalli di Milano.
Innanzitutto, è fondamentale che la neomamma, rivolgendosi a consultori o a strutture simili,
impari a tenere il bambino in una posizione corretta mentre lo allatta; inoltre, per non sollecitare
sempre la stessa area del capezzolo, dovrebbe provare ad allattare in varie posizioni. Al tempo
stesso, deve lavorare sulla tecnica di attacco del bambino al seno, correggendo la modalità di
suzione, che immediatamente diventerà meno dolorosa. «In secondo luogo, per alleviare dolore e
arrossamenti e ridurre l’infiammazione è d’aiuto l’utilizzo di una crema alla lanolina, come Purelan
di Medela, la cui nuova formulazione, oltre ad avere un effetto emolliente e cicatrizzante, ha un
assorbimento ancora migliore», osserva la dottoressa Aliperti.