Pandemia: 6 italiani su 10 promuovo il SSN, ma oltre l’80% vuole assistenza domiciliare e nuovo parco tecnologico negli ospedali
Risultati di uno studio di Confindustria Dispositivi Medici a un anno dallo scoppio della pandemia:
Boggetti: programmare una ripartenza che prenda slancio dagli investimenti in produzione, dal valore dell’innovazione tecnologica e della ricerca, dall’importanza dell’assistenza sia in ospedale che sul territorio.
Il 62% degli italiani promuove il Servizio sanitario nazionale nella regione di residenza durante la pandemia e per gli investimenti futuri il 90% dei cittadini punta sull’assistenza domiciliare. I più entusiasti dell’attuale Servizio sanitario sono gli abitanti del nord-est (88%) e del centro Italia (80%), poco o per nulla soddisfatti il 53,8% dei residenti nelle isole e il 48,2% degli abitanti del sud Italia. Promossa dunque la Sanità: 6 italiani su 10 sono molto o abbastanza soddisfatti di come questa abbia reagito alla pandemia. Per il futuro e per migliorare la Sanità pubblica per quasi 9 italiani su 10 è altrettanto importante incrementare le attività di screening e potenziare le iniziative di prevenzione. La pandemia e il ruolo dei professionisti della Sanità hanno portato alla luce la necessità di nuove assunzioni: per l’85,8% degli intervistati è importantissimo migliorare la programmazione del personale medico da assumere, così come lo sviluppo di attività di educazione sanitaria nelle scuole e fra la popolazione (86%).
Sono questi alcuni dei dati che emergono dall’indagine promossa da Confindustria Dispositivi Medici e realizzata da Community Research & Analysis, anticipati dal Presidente dell’Associazione, Massimiliano Boggetti, nell’audizione in commissione Igiene e Sanità del Senato sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’indagine indaga a un anno dallo scoppio della pandemia il sentiment degli italiani verso il Servizio sanitario nazionale e racconta chi sono vincitori e vinti secondo gli intervistati in quella che è ancora la battaglia più dura del nuovo millennio.
Ma un anno di pandemia ha anche cambiato la percezione di alcuni dispositivi medici come prodotti salvavita. Sebbene molti di questi siano considerati particolarmente importanti ai fini della salvaguardia della vita registrando valori medi superiori a quattro, troviamo al primo posto i ventilatori polmonari (molto/moltissimo importante per il 95,8%) seguiti dalla mascherina (90,5%). Con valori superiori all’80% (molto/moltissimo importante) si collocano i tamponi diagnostici, il saturimetro e le siringhe.
La maggiore conoscenza dei dispositivi che popolano gli ospedali e l’importanza vitale di strumenti come i ventilatori polmonari ha sicuramento contribuito nell’evidenziare l’importanza di un parco tecnologico ospedaliero all’avanguardia: è l’84,6% degli intervistati a ritenere indispensabile per il miglioramento del Servizio Sanitario Nazionale il rinnovamento dei macchinari e delle tecnologie presenti in ospedale.
“A un anno di distanza dallo scoppio della pandemia da Coronavirus nel nostro Paese – afferma Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici –, è interessante tirare le somme di quello che è stato un anno terribile, che ha messo in evidenza alcuni punti focali: il Servizio Sanitario Nazionale è indispensabile così come lo sono i dispositivi medici. Per anni vittima di tagli ingiustificati, il SSN ha dimostrato nel periodo più buio di essere risorsa essenziale per il benessere e la sopravvivenza degli italiani. Coscienti di quelli che sono stati e continuano ad essere i limiti del nostro Paese, dal parco tecnologico ospedaliero vetusto fino all’eccessiva tassazione di imprese fondamentali per la tenuta della sanità e quindi del Paese, bisogna adesso far tesoro di quanto imparato per programmare una ripartenza che prenda slancio dagli investimenti in produzione, dal valore dell’innovazione tecnologica e della ricerca, dall’importanza dell’assistenza sia in ospedale che sul territorio”.
Messo a dura prova durante la pandemia da Covid-19, il Servizio sanitario nazionale è stato il grande protagonista del dibattito pubblico e politico dell’ultimo anno. Al punto che oggi quasi 7 italiani su 10 lo preferiscono a quella privata. Se solo il 17,2% degli italiani riconosce un miglioramento al Servizio sanitario nella propria regione negli ultimi 5 anni, sono particolarmente significative le differenze macro regionali: mentre l’88% dei residenti del nord-est si dicono molto o abbastanza soddisfatti, seguito dall’80% degli abitanti del centro Italia, più debole il favore espresso dai residenti del Nord Ovest (55,6%) e del Sud Italia (51,8%). I più delusi sono gli abitanti delle isole: per il 53,8% di loro il servizio sanitario della Regione di residenza ha risposto alla pandemia in modo poco o per nulla adeguato.
Significativa la differenza tra donne e uomini nel valutare lo stato di salute dell’offerta sanitaria pubblica. Durante gli ultimi cinque anni per il 40,8% delle donne l’Italia ha peggiorato la qualità dei servizi erogati dal sistema sanitario mentre la diminuzione del livello delle prestazioni pubbliche è una fotografia calzante della realtà solo per il 29,2% degli uomini. Oltre la metà degli uomini considera stabile la qualità dei servizi offerti (52,2%) mentre le donne, a tal riguardo, risultano più scettiche (40,6%). Al crescere dell’età aumenta anche la quota di coloro che vedono un peggioramento dell’offerta sanitaria pubblica, comprensiva sia delle strutture ospedaliere sia della medicina territoriale: si passa dal 26,5% della fascia d’età 18-34 fino al 38,1% degli ultracinquantacinquenni. Nonostante ciò è bene sottolineato come la maggioranza assoluta dei rispondenti esprima una valutazione positiva costatandone la stabilità o il miglioramento, segno di tenuta del servizio sanitario nazionale in piena fase pandemica.