Accademia di Medicina di Torino: Andrea Veltri in una seduta scientifica su “Terapie ablative imaging-guidate in Oncologia”

di   Piergiacomo Oderda

 

 

 

 

 

 

Un termine di non immediata comprensione, “Terapie ablative imaging-guidate
in Oncologia” viene esplicitato in una seduta scientifica tenuta dal prof. Andrea
Veltri, professore di Radiologia presso l’Università di Torino, sul sito
dell’Accademia di Medicina di Torino, martedì 23 marzo alle 1730. L’ex
Presidente dell’Accademia, Alessandro Comandone, nonché primario di
Oncologia presso l’ASL di Torino introduce il relatore.
Melania Sorbera intervista il prof. Veltri per Medical Excellence Tv. Il termine in
questione trae origine dal latino “portar via”, in realtà si utilizza per «una
forma di terapia che porta via il tumore senza portarlo via davvero. Si tratta di
non operare i pazienti ma di riuscire a curare il tumore localmente». Andrea
Veltri è Radiologo interventista, «per andare al bersaglio utilizziamo le nostre
apparecchiature di “imaging”»: Ecografia, TAC, Risonanza Magnetica. Gli esordi
di questa disciplina ormai ventennale consistono nell’inserire un aghino e
iniettare alcol nel tumore del fegato. Lo scopo principale è agire in campo
oncologico per chi non può essere operato. Nel bilancio tra rischi e benefici è
talvolta così elevata l’efficacia che in qualche situazione può sostituire la
terapia chirurgica anche per chi potrebbe essere operato.
Quanto alla tipologia di tumori, si è iniziato con l’HCC (epatocarcinoma). Il
prof. Veltri illustra con un video l’inserimento di uno strumento attraverso un
piccolo buco nella pelle di un paziente in analgosedazione. Agisce per
ipertermia, con onde elettromagnetiche; «scalda oltre i cento gradi e distrugge
localmente il tessuto malato». La pratica si applica ad altri organi dove è
difficile operare come il polmone o i tumori renali, «a patto che siano piccoli».
L’ordine di grandezza per l’efficacia è di 3-5 centimetri. La giornalista chiede
quali siano le percentuali di successo. Il prof. Veltri chiarisce che «non essere
mai in antagonismo in medicina è fondamentale e l’Oncologia è un modello».
Gruppi multidisciplinari «collaborano a tavolino a scegliere l’opzione migliore
per il paziente». L’intento è simile a quello della chirurgia, «essere radicali, non
è un trattamento palliativo, ridurre un po’ il tumore». Si intende essere efficaci
localmente al cento per cento al primo trattamento. Tuttavia, se la lesione è
più grande o i tumori sono numerosi, può succedere di dover suddividere il
trattamento in due sezioni, per non prolungare la sedazione cosciente.
Talvolta, occorre ritoccare un trattamento incompleto.
La distribuzione di queste terapie è a macchia di leopardo ma non solo in Italia.
«Stiamo lavorando per aumentare la disponibilità». Ad ogni modo, c’è una rete
a livello nazionale per offrire questa opportunità ai pazienti con il minor
spostamento possibile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *