«Una chiacchierata informata ma informale»
di Piergiacomo Oderda
Alessandro Bargoni per l’Accademia di Medicina di Torino e Donato D’Ambrosio
per Ideificio torinese («realtà associativa giovanile che si definisce incubatore
di idee sociali») moderano un “talk show” sul tema “Vaccini anti-Sars CoV 2.
Tema caldo, arma vincente”, organizzato dall’Associazione Amiche e Amici
dell’Accademia di Medicina di Torino (https://www.twitch.tv/videos/1027135919).
Interviene la dott.ssa Silvia Corcione, specialista in malattie infettive tropicali, formatasi con un periodo di
ricerca a Boston. Da fine 2019 quando il Sars CoV2 è comparso per la prima
volta e si è diffuso globalmente «abbiamo imparato che ha colpito in maniera
trasversale». Si presenta con un rischio di mortalità più elevato quando i
pazienti soffrono per altre patologie. I fattori di rischio più importanti sono l’età
(70-80 anni), patologie cardiovascolari, diabete, dislipidemia, pazienti con
asma, trapiantati, con insufficienza renale sottoposti a dialisi. Il Covid è una
patologia che interessa il tratto respiratorio, dà mancanza di respiro. In alcuni
casi colpisce invece il tratto gastrointestinale e comporta la perdita del gusto e
dell’olfatto. La dott.ssa Corcione parla di “Long Covid Syndrome” quando si
verifica una persistenza di stato infiammatorio anche a distanza di mesi: tosse,
stanchezza «bisogno di fisioterapia respiratoria per recuperare uno stato di
benessere».
Si pone la questione del perché la gente creda alle “bufale” al dott. Guido
Giustetto, presidente dell’Ordine dei medici di Torino. Cita il caso
dell’idrossiclorochina, un antiparassitario utilizzato nella terapia della malaria.
L’idea che potesse essere utilizzato per trattare il Covid proviene dal direttore
di un importante Istituto di Marsiglia (Didier Raoult, Méditerranée infection), su
uno studio relativo a non più di venti casi ricoverati a Nizza, reso
immediatamente pubblico, saltando i consueti passaggi di revisione dell’ipotesi.
Un altro esempio è rappresentato dall’impennata di uso dell’antibiotico
azitromicina. Le “fake news” nascono quando «tutti ci troviamo con la stessa
idea, ci si rafforza l’un l’altro non accettando un pensiero critico». Nel 2016, si
è studiata la forte diminuzione di genitori che portavano a vaccinare i figli per il
morbillo. Si preferisce un rischio alto ma ignoto piuttosto che un rischio certo
ma bassissimo, si pensa così: «se lo porto a vaccinare sono responsabile di
quel caso su un milione». «La gente non crede che il nostro programma
scientifico vada avanti per tentativi. Quando si modifica con aggiustamenti e
cambi di rotta, la gente si spaventa e si confonde». Secondo Silvia Corcione,
«una delle difficoltà di questa situazione è stata determinata dall’evento
straordinario che ha colto tutti alla sprovvista». Si tratta di «pubblicazioni fatte
in fretta nella volontà di trovare una soluzione rapida al problema», seguendo
«un iter che va contro la normale procedura di pubblicazione scientifica».
Quanto ai vaccini, «avere una posizione più solida, più unita, più incisiva sulla
comunicazione, avrebbe permesso di avere la strada più facile nella capacità di
convincimento della popolazione».
«Quanta strada ha percorso il virus per arrivare da noi?», chiede Bargoni. La
dott.ssa Corcione risale al primo paziente in Cina a Wuhan. Il coronavirus viene
trasmesso all’uomo da animali (infezione “zoonotica”). Nel 2002, sempre in
Cina è comparsa la Sars, in Arabia nel 2012 la Mers (con il cammello come
vettore). Nel Sars CoV2 forse è il pipistrello che passa quest’infezione al
pangolino. A questo punto avviene il salto di specie o “spillover”. In un mondo
in cui si viaggia molto e gli aerei consentono rapidi spostamenti, il virus si è
diffuso. Ad incrementare il fenomeno concorrono le nostre abitudini, la
deforestazione, la distruzione di habitat naturali che aumentano il contatto con
animali selvatici. Una ragione della facilità di diffusione in Cina di questo virus
viene indicata sollevando il problema delle abitudini alimentari della
popolazione cinese, in particolare i mercati in cui si vendono animali selvatici.
Giustetto a sua volta le chiede «quanto contino i problemi ambientali?».
Secondo la dott.ssa Corcione rappresentano «un aspetto fondamentale, il
motivo per cui non posso dire che non capiterà un’altra volta. L’Amazzonia è
un possibile futuro luogo di salto di specie». Per ridurre il rischio, occorre un
controllo maggiore degli allevamenti intensivi, per esempio.
Per arginare il fenomeno delle “bufale”, il dott. Giustetto propone «strumenti di
facile uso da parte di cittadini comuni e di medici che possono non avere
competenze specifiche sui diversi campi». Cita i siti dell’Aifa e dell’Istituto
Superiore di Sanità. Da tre anni come Federazione nazionale dell’Ordine dei
medici un gruppo di collaboratori vigila su notizie circolanti sui social e ha
raccolto circa duecento domande nel sito “https://dottoremaeveroche.it”. Si
fornisce anche una bibliografia per il medico che intenda approfondire una
questione.
Donato D’Ambrosio chiede le differenze tra i vaccini. «Tutti hanno l’obiettivo di
andare a stimolare il sistema immunitario a produrre anticorpi contro la
proteina “Spike”», risponde Silvia Corcione. Pfizer e Moderna sono “Rna
messaggero”, contengono piccoli pezzi del patrimonio genetico del virus con
informazioni per produrre la proteina “Spike”, vengono messi dentro una
piccola vescicola lipidica che viene iniettata. «Il nostro sistema immunitario
stimola una risposta anticorpale» e la proteina “Spike” viene rapidamente
degradata. Astrazeneca e Johnson & Johnson portano all’interno del nostro
organismo il DNA per codificare la proteina “Spike”. Il vettore è l’adenovirus
dello scimpanzé. Si porta materiale genetico, si produce la proteina “Spike” e si
stimola la risposta interna. «Non si inietta virus vivo ma componenti genetiche
che degradano rapidamente. Anche l’adenovirus usato come trasportatore è un
virus inattivo, perde le proprietà infettive». Gli studi sui vaccini sono stati
compiuti con le migliori metodiche, trial clinici randomizzati controllati. Si sono
reclutate quaranta mila persone per ogni braccio di studio.
Alla domanda sul ruolo dei medici di famiglia nella campagna di vaccinazione, il
dott. Giustetto afferma che un trenta per cento di medici di famiglia abbia
accettato di vaccinare in studio. Un ulteriore trenta, quaranta per cento «ha
deciso di dare aiuto nei centri vaccinali dell’ASL». Nel 2020 sono state 860 mila
le vaccinazioni antinfluenzali. Risulta problematica la conservazione per Pfizer e
Moderna, non si riescono ad utilizzare negli studi medici. Anche i farmacisti
hanno aderito, si aspetta di avere a disposizione un vaccino come Johnson &
Johnson che permetta la monodose, il paziente potrebbe non essere comodo a
tornare. «Per fare un vaccino vanno spiegati i vantaggi e i rischi ossia
raccogliere il consenso informato». Nella legge italiana è un atto
esclusivamente del medico, non delegabile ad altro personale sanitario.
Il presidente dell’Accademia di Medicina, Giancarlo Isaia, solleva il problema
della comunicazione schizofrenica. Su alcuni farmaci si è chiuso un occhio
mentre su altri si sollevano mille problematiche. Ricorda la bocciatura dell’idea
sottoscritta da 156 medici, professori, primari sul tema delle evidenze relative
alla vitamina D. Bargoni domanda il motivo per cui si sia riusciti a produrre
vaccini in così breve tempo. «La situazione di emergenza ha reso necessario lo
snellimento di procedure standard di approvazione di vaccini e farmaci»,
sottolinea la dott.ssa Corcione. I pazienti ammalati erano in numero maggiore
rispetto a qualunque studio e sono state messe in campo risorse ingenti. Le
agenzie hanno deciso di abbreviare le fasi di approvazione, gli studi compiuti
su Mers e Sars sono stati applicati a questa nuova situazione di emergenza.
Giustetto aggiunge il fatto che i ricercatori cinesi abbiano sequenziato in
frettissima il genoma virale. Il tempo necessario per preparare l’mRNA è stato
di alcuni giorni, i vaccini sono entrati in produzione a febbraio. Bargoni si
rivolge al presidente dell’Ordine dei medici con una metafora militare a
riguardo dell’impegno profuso nella campagna di vaccinazione, «ti sei
impegnato come ogni comandante segue le sue truppe». «Il ragionamento
nasce da lontano», spiega il dott. Giustetto, pensando ai mesi di ottobre,
novembre quando è salita la seconda ondata. All’Ordine dei medici si lavora
per commissioni e una si occupa di solidarietà e contrasto alla disuguaglianza.
I colleghi si chiedevano se fosse possibile monitorare le persone senza fissa
dimora. Nel Regno Unito si erano osservati focolai di virus, con la caratteristica
di spostarsi nei dormitori, le persone senza fissa dimora rischiano di essere
portatori importanti del virus. Si era chiesto al Presidente della Regione di
organizzare una squadra per fare i tamponi, la risposta è stata immediata e si
sono attivate due associazioni, “Camminare insieme” e “Rainbow for Africa”.
Dimostrata una buona capacità organizzativa, ci si è chiesti “perché non dare
una mano a fare i vaccini?”. Da un mese, nell’hub vaccinale del Lingotto,
l’Ordine dei medici gestisce tre box fissi, garantisce un turn over per dodici ore
al giorno, con un consenso dato da centocinquanta medici. Si sono realizzati
dei webinar di formazione.
D’Ambrosio pone la fatidica questione dei casi di trombosi di Astrazeneca.
«Ogni procedura medica, anche i vaccini possono avere eventi avversi»,
osserva Silvia Corcione. Vengono monitorati dalla farmacoviglianza di Aifa. Un
caso su dieci sono febbre, malessere, dolore articolare in sede di inoculo,
nausea. Su diciotto milioni di vaccinazione, i casi di reazioni avverse
ammontano a 56 mila. I casi di trombosi in sede anomala a livello cerebrale e
addominale, associate a riduzione di piastrine sono nell’ordine dello 0,001%. I
benefici del vaccino superano in maniera importante i rischi.
Quanto alla formazione necessaria per essere vaccinatori, la dott.ssa Tanturri,
presidente dell’Associazione Amiche e Amici dell’Accademia di Medicina spiega
come l’Ordine dei medici abbia offerto un webinar sulle allergie, sugli aspetti
legali, sulla composizione e l’efficacia dei diversi vaccini. I webinar sono a
disposizione sul sito dell’Ordine. E’ stata necessaria una formazione sulla
piattaforma informatica per registrare la vaccinazione, «un problema di non
facile soluzione». La definisce “anti intuitiva”, sono richiesti trenta “clic” in zone
diverse dello schermo per registrare un solo caso, «c’è il rischio di non
registrare tutte le informazioni utili». Quando salta la connessione, bisogna
registrare sul cartaceo.
Bargoni solleva il problema dei “no vax”. Giustetto calcola che i medici che non
si vaccinano possano essere qualche centinaio a fronte dei 450 mila iscritti a
livello nazionale. «Questi colleghi violano norme importanti del codice
deontologico». Si dà luogo ad un’istruttoria che può comportare un
provvedimento disciplinare. Il Decreto Legge 44/2021 ha sancito l’obbligo di
vaccino per il personale sanitario. Se un collega non si vaccina è una notizia di
reato. Ricoprendo una carica istituzionale, corre l’obbligo di informare l’Autorità
giudiziaria. Legge un passaggio dell’art. 55 del Codice deontologico
sull’informazione sanitaria. «Questi colleghi non solo non si vaccinano ma
fanno propaganda antivaccinale». Il medico promuove un’informazione
sanitaria accessibile, rigorosa, fondata su conoscenze scientifiche, acquisite e
non divulga aspettative o timori infondati. Il Decreto legge ha previsto un iter
per cui tutti gli Ordini professionali hanno comunicato l’elenco degli iscritti, si
procede all’incrocio dei dati con il sistema informatico dove si caricano i
vaccini. I nominativi di chi compare tra gli iscritti all’Ordine e non tra i
vaccinati, suddivisi per residenza, vengono inviati alle ASL che procedono ad
un ulteriore accertamento, fornendo la possibilità di vaccinarsi. In caso
contrario, fino al 31 dicembre vengono sospesi da attività a contatto col
pubblico a meno che l’azienda non individui la possibilità di lavoro a distanza.
Donato D’Ambrosio chiede il ruolo sociale nella professione. Bargoni cita Rudolf
Vierchow, la medicina è una scienza sociale. Senza collegamento con la società
non esiste, il cambiamento sociale è uno strumento legittimo per migliorare la
salute. Gabriella Tanturri individua il ruolo sociale già nel «donare la nostra
professionalità e le nostre ore di lavoro per aiutare la popolazione a uscire da
una situazione che crea disagi», veri e propri drammi nella crescita dei bambini
e dei ragazzi. Il primo ruolo consiste nel «rispetto verso la persona che trovi
davanti», va accettata nella sua interezza di persona che comprende
l’ambiente culturale, sociale, il genere, l’età. Accoglierla, avere empatia e
riconoscere difficoltà e paure. Una medicina appropriata significa «sapere che
la persona che hai davanti non è un orecchio, una gola, un fegato ma una
donna, un uomo, adulto, bimbo, anziano che vive in un certo contesto sociale
con un certo tipo di cultura. Solo nell’interazione riusciamo a studiare le
strategie diagnostiche e terapeutiche che portano a risultati utili».
Silvia Corcione pensa che «questa pandemia ci fa scoprire il ruolo importante
nella comunicazione col paziente, con i parenti». I pazienti sono difficili da
gestire in assenza di supporto familiare. La comunicazione con la società può
migliorare. Per Guido Giustetto, «il medico di famiglia segue il paziente per
tutta la vita». Crea un rapporto intimo di solidarietà umana e professionale.
Parla di “advocacy”, si mette dalla parte del paziente. «Per la persona esterna
al sistema, muoversi tra di noi è difficile». Il prof. Giancarlo Isaia ha insegnato
all’Università per quarant’anni, è un compito delicatissimo formare i medici per
arrivare a «credibilità, prestigio, autorevolezza». Il paziente va trattato nella
sua interezza, talvolta uno specialista sovverte la diagnosi sottoscritta da un
altro, serve un regista, un “playmaker”. Le parole si tingono di amarezza per la
situazione della ricerca in Italia, va fatta per «dare un contributo di conoscenza
per favorire il prossimo». In quest’ottica, l’Accademia di Medicina promuove
progetti di ricerca e di formazione.