Malattie cardiovascolari: entro il 2030 attesi 24 milioni di decessi all’anno nel mondo.
Nella Giornata Mondiale del Cuore, l’appello per arginare questa nuova emergenza
- Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in tutto il mondo. Ad oggi sono 18 milioni le persone che muoiono all’anno nel mondo a causa di una malattia cardiovascolare, 230mila in Italia1.
- Si prevede che aumenteranno, raggiungendo entro il 2030 24 milioni di morti nel mondo all’anno per cause cardiovascolari2 con una media di oltre 66.000 al giorno ed un costo globale totale che passerà da circa 863 miliardi di dollari nel 2010 a oltre 1 trilione3, una cifra che supera il PIL di Paesi Bassi, Svizzera, Svezia o Turchia.
- Dopo un calo della mortalità negli ultimi decenni, i numeri sono di nuovo in aumento, invertendo anni di progresso4,5,6 sia sul fronte delle cardiopatie ischemiche sia su quello delle malattie cerebrovascolari.
- Oggi più che mai la prevenzione cardiovascolare è fondamentale per recuperare il ritardo e rendere più realistica la riduzione del 25% della mortalità prematura da malattie non trasmissibili, come raccomandato dell’ITALIAN URBAN HEALTH DECLARATION ai Governi dei Paesi del G20.
- Esperti a confronto delineano le priorità per disporre con urgenza piani e politiche di contrasto alle patologie cardiovascolari. Una sfida sanitaria che parte dal territorio e dal ruolo delle città nella promozione della salute.
Ripensare le strategie di contrasto alle patologie cardiovascolari (CVD) nel post-Covid, condividendo proposte e priorità per recuperare il ritardo causato dall’emergenza e considerando il territorio quale attuatore di politiche sanitarie efficaci. È questo l’obiettivo urgente che ha riunito oggi per la prima volta rappresentanti delle società scientifiche, dei pazienti ed esponenti della società civile, insieme ad istituzioni e settore privato, all’evento “Nuove strategie di prevenzione cardiovascolare nel post-pandemia: la sfida parte dal territorio”, organizzato da Novartis Italia e patrocinato da Health City Institute.
Si prevede nel mondo un aumento di morti per cause cardiovascolari che raggiungeranno nel 2030 i 24 milioni di morti all’anno5, che equivalgono a circa 66.000 decessi al giorno. È come se ogni giorno scomparisse una città come Massa o Trapani. Un aumento da oggi al 2030 pari al 34%5.
Un dato che preoccupa gli esperti: in questo anno e mezzo la pandemia COVID ha ridotto le prestazioni ai pazienti cardiovascolari, l’attività diagnostica preventiva e fatto aumentare la mortalità in questa popolazione7. Si è assistito ad una riduzione tra il 50 e l’85% dell’attività chirurgica, del 55% degli interventi di cardiochirurgia, del 75% degli ecocardiogrammi trans esofagei e delle diagnostiche per cardiopatia ischemica, del 10% di nuove diagnosi di scompenso cardiaco e del 30% di invio allo specialista, e ad un aumento del 20% della mortalità cardiovascolare e di quella generale8,9.
Eppure, una delle recenti raccomandazioni dell’ITALIAN URBAN HEALTH DECLARATION, promossa da ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani e Health City Institute, ai Governi dei Paesi del G20, è stata quella di un impegno concreto a ridurre entro il 2030 del 25% la mortalità prematura da malattie non trasmissibili, tra cui le CVD sono quelle con maggiore mortalità. Un obiettivo di prevenzione e controllo confermato nella dichiarazione finale dei ministri al G20 Salute lo scorso 12 settembre, ma che alla luce della situazione pandemica rischia di essere seriamente messo in discussione.
C’è un ritardo da recuperare ed una situazione complessiva non ignorabile, che vede sommarsi più emergenze poiché il COVID-19 ha interrotto drasticamente le cure ambulatoriali e i percorsi diagnostico-terapeutici di molte altre patologie, come quelle cardiovascolari.
Una corsa contro il tempo che necessita dello sviluppo di azioni concrete sia in ambito educativo e culturale, sia organizzativo, coordinate tra mondo accademico, scientifico e politico.
Da dove partire? Dalle città e dalle aree urbane: si stima che nel 2050 la percentuale di persone che abiterà nelle città arriverà al 74%. L’Oms stima che il 63% della mortalità globale, sia dovuto a malattie non trasmissibili, e buona parte di questi decessi è attribuibile a rischi legati all’urbanizzazione e alla crescente sedentarietà.
“Le principali patologie croniche e non trasmissibili, prime fra tutte le CVD, sono un problema urbano legato ai maggiori livelli di urbanizzazione, all’invecchiamento della popolazione e agli stili di vita meno sani – ha sottolineato Andrea Lenzi, Presidente Health City Institute – Il ruolo delle città nella promozione della salute, quindi, sarà fondamentale nei prossimi decenni e la lotta alle CVD rappresenta un’opportunità per promuovere la creazione di una rete di collaborazione tra soggetti diversi e lo sviluppo di programmi di prevenzione e gestione della cronicità che tengano conto del controllo dei fattori di rischio CVD, come l’ipertensione e l’ipercolesterolemia, dell’assistenza sanitaria primaria e secondaria, dell’innovazione.”
Un invito ad istituzioni, mondo sanitario, accademico e privato a definire un indirizzo comune e ad impegnarsi per un futuro libero dalle CVD, agendo con urgenza per disporre piani e politiche finalizzate a migliorare la salute e la qualità della vita delle persone e garantire allo stesso tempo la sostenibilità e l’efficienza dei sistemi sociosanitari ed assistenziali nel lungo periodo e su larga scala.
“Le malattie cardiovascolari rappresentano un banco di prova importante per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Come Novartis siamo impegnati ad individuare soluzioni che possano generare un impatto su larga scala come le malattie cardiovascolari richiedono, a beneficio della popolazione. – ha commentato Gaia Panina, Chief Scientific Officer di Novartis Italia – Vogliamo disegnare un nuovo approccio a queste patologie, che contribuisca ad arginare l’emergenza che la società sta affrontando in questo momento, ma anche rafforzare i sistemi sanitari per le sfide che si proporranno nel futuro. E in questo siamo al fianco delle Società Scientifiche, delle Associazioni Pazienti ma anche delle Istituzioni.”
Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte prematura, tra le malattie non trasmissibili e quelle croniche e rappresentano il 32% di tutti i decessi globali4. Colpiscono nel mondo 471 milioni di persone10 (oltre 6 persone ogni 100) e sono un’importante fonte di spesa sanitaria. L’Italia non si sottrae a questa tendenza, con circa 230 mila morti l’anno, il 35% circa del totale dei decessi1 ed una spesa sanitaria per queste patologie che si aggira intorno ai 16 miliardi di euro, cui si aggiungono oltre 5 miliardi di euro legati a costi indiretti come la perdita di produttività e i costi del sistema previdenziale11.
Tra le CVD, lo scompenso cardiaco (SC) è la prima causa di ricovero nelle persone over 6512,13 e registra tassi di mortalità altissimi (1 paziente su 25 non sopravvive al primo ricovero14, il 10% muore entro 30 giorni dal ricovero15, fino al 30% entro un anno dal ricovero16). Colpisce circa 1 milione di italiani17 over 40, con un costo che si aggira intorno ai 3 miliardi l’anno, pari ad oltre 11.800 euro di spesa media per la gestione di un solo paziente17.
Non è da meno l’ipercolesterolemia, principale fattore di rischio delle cardiopatie ischemiche davanti a fumo, diabete, ipertensione e obesità, che in Italia pesa per oltre 1 mld ogni anno per soli costi diretti sanitari, cui si sommano circa 31,6 milioni per i trattamenti farmacologici e di 9,3 milioni per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale strettamente correlate alla patologia.18
Dinanzi alla consapevolezza che la gestione delle complicanze CV possa diventare la più grande crisi sanitaria per il sistema sanitario dopo il COVID-19 il City Health Institute lancia un messaggio di invito ad agire con urgenza per disporre piani e politiche nazionali in grado di alterare la traiettoria delle CV, suggerendo alcune priorità:
- Strutturare modelli di medicina di iniziativa, per una presa in carico più “proattiva” dei pazienti cronici
- Ripensare un modello assistenziale orientato verso un’offerta territoriale integrata con i servizi sociali, prevedendo percorsi codificati e condivisi con i cittadini e puntando sulla prossimità
- Rendere omogeneo l’accesso alle cure, anche innovative, ai pazienti su tutto il territorio nazionale
- Ripristinare l’attenzione dei cittadini verso la propria salute del cuore perché diventino parte attiva del percorso di prevenzione e cura.
Su questi punti si sono confrontati nel corso dell’evento le società scientifiche Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), Società Italiana di Cardiologia (SIC), Società Italiana per la prevenzione cardiovascolare (SIPREC), Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi (SISA), le associazioni pazienti Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC), Fondazione Italiana per il Cuore e GIP-FH – Gruppo Italiano Pazienti per l’Ipercolesterolemia Familiare, Cittadinanzattiva e il settore privato.