Aldo Primicerio di Lira TV e Quotidiano Medicina intervista in diretta la dottoressa Garro vice presidente Associazione Italiana Donne Medico
di Piergiacomo Oderda
Elena Garro, vice presidente Associazione Italiana Donne Medico, è la
responsabile scientifica del webinar intitolato che si svolge il 4 e 5 novembre
dalle 16 alle 19. Il corso (9,9 crediti ECM) è rivolto a Medici, Odontoiatri,
Farmacisti, Tecnici sanitari di laboratorio biomedico, Biologi, Infermieri,
Veterinari.
Aldo Primicerio di Lira TV e Quotidiano Medicina intervista in diretta la
dottoressa Garro. A partire dai dati di ottobre dell’Istituto Superiore di Sanità
che mostrano un “gap” di tredici punti percentuali tra uomini e donne quanto a
decessi per Covid, il giornalista si interroga sul perché le donne siano più
reattive a livello immunitario, «quali doti innate?». Elena Garro parla di geni
“X-linked”, relati al gene sessuale X che nelle donne è previsto in duplice copia.
«Le risposte immunitarie e tutti i geni codificati per le risposte immunitarie
sono collegati a questo tipo di cromosoma». Distingue tra immunità innata e
immunità acquisita o adattativa. Le risposte innate sono determinate dalle
cellule “natural killer”, dai macrofagi, dalle cellule dendritiche a loro volta
suddivise in mieloidi e plasmacitoidi. Vengono codificate maggiormente nel
cromosoma X, come il “toll-like receptor”. «Per genetica le donne sono
maggiormente portate ad una più ampia risposta immunitaria». Per la cascata
di risposta antinfiammatoria e citochinica, sia per l’immunità innata che
acquisita ci sono dati a supporto di una risposta maggiore nelle donne. Cita la
risposta adattativa di tipo B (immunoglobuline) e di tipo T. «I linfociti T sono
maggiormente prodotti e maturano di più nelle donne che negli uomini». Le
cellule CD4 e CD8 sono prodotte in numero assoluto maggiore, «sia
nell’immunità innata che acquisita c’è una risposta maggiore nelle donne
rispetto agli uomini». Aldo Primicerio intende considerare l’epigenetica «quello
che c’è intorno, il lavoro, il contatto con le persone». Inizialmente, le donne
fumavano di meno, osserva la dottoressa Garro, erano meno esposte agli
agenti patogeni sul lavoro.
Il giornalista di Quotidiano medicina sottolinea come i linfociti T siano la chiave
della risposta immunitaria e chiede dove maturino, quale sia la loro funzione.
I linfociti T fanno parte dell’immunità acquisita che si suddivide in formazione
di anticorpi di tipo B e di tipo T. Quest’ultima si definisce immunità
cellulomediata, mentre quella di tipo B è immunità umorale. I linfociti T
possono essere di diverso tipo, la denominazione deriva dal fatto che pur
essendo creati nel midollo osseo, per maturare devono migrare nel Timo.
Possono essere T “helper” quando aiutano la produzione di immunoglobuline,
“suppressor” quando sopprimono la risposta immunitaria, per esempio nelle
malattie autoimmuni, più frequenti nelle donne. Infine, i linfociti T possono
essere citotossici, si dirigono sull’antigene per degradare agenti patogeni che
arrivano dall’esterno. Il Timo è una ghiandola importante, con funzioni in tutte
le risposte immunitarie. Possiamo accertare con un esame ematico la
dotazione di linfociti T? Elena Garro parla di formula leucocitaria, in particolare
si controlla la quantità di CD4 e CD8 in alcune patologie come l’l’AIDS per
verificare l’impatto della malattia, la risposta agli antiretrovirali. Apre un focus
sulla patologia Covid distinguendo fra il test sierologico rapido qualitativo ed il
test quantitativo, più utilizzato. Le immunoglobine di classe G rivelano la
memoria nel soggetto della presenza di infezione e della risposta al vaccino. Le
immunoglobine di classe M riguardano la fase attuale di infezione. Alcuni studi
sperimentali intendono verificare la risposta dei linfociti T. Siccome non tutti
esplicitano una risposta immunitaria di tipo B e T occorre tarare le risposte
sulla base di infezioni precedenti e del tipo di vaccino inoculato.
Aldo Primicerio ricorda le fake news sul vaccino in gravidanza e durante
l’allattamento. Elena Garro specifica che nel secondo e nel terzo trimestre di
gravidanza è opportuno vaccinarsi. Non ci sono danni per il feto, non bisogna
interrompere la gravidanza, né indurre un parto pretermine o dare indicazioni
per il cesareo. Quanto al piccolo, l’Mrna non supera la barriera placentare,
tuttavia sia nel sangue del feto (cordone ombelicale) sia nel latte materno
passano gli anticorpi prodotti dalla madre. Nel primo trimestre va valutato con
il sanitario se la soglia di rischio per la madre sia troppo alta. Indurre la febbre
causa un maggior numero di malformazioni nel feto. Va valutato se la donna
possa attendere il periodo più opportuno per la vaccinazione, il secondo e il
terzo trimestre.
Alla domanda finale sull’approccio di genere, Elena Garro riprende la risposta
immunitaria che può essere maggiore nella donna. «Dobbiamo porci degli
interrogativi se le differenze di genere siano presenti anche in altre malattie».
Va posta sempre una discriminante di genere nei “trial” clinici. Solo
ultimamente si tiene in considerazione un numero massivo di donne. Gli studi
sono generalmente tarati sull’individuo maschio sano di settanta chili di peso.
Si sono svolte ricerche in cardiologia per capire come la risposta farmacologica
possa essere diversa, una diversa sintomatologia richiede un tipo di
trattamento diverso così come vanno differenziati i protocolli nel pronto
soccorso.
Il webinar del 4-5 novembre, col patrocinio di Accademia di Medicina, ASL
Ordine dei medici e Università di Torino prende in considerazione
l’allattamento, la gravidanza, la risposta immunitaria nella specificità di genere
e la tipologia di fake news sdoganate.
Per iscriversi, inviare una mail a aidmtorino@gmail.com; per le socie di Aidm,
ci si può collegare direttamente alla piattaforma di formazione per operatori
sanitari https://ecmupainuc.it/view/provider-aidm.