Cervelli in fuga, quando sono un vantaggio per il Paese di origine

L’Università di Pisa collabora ad un progetto di ricerca con il MIT per capire come funziona (e come può diventare utile e proficua) la migrazione qualificata

Non più cervelli in fuga, ma ambasciatori della conoscenza capaci di attivare reti e collaborazioni a vantaggio del Paese di origine arricchendolo un po’ come accadeva con le rimesse degli emigrati un tempo. Questa nuova prospettiva che ribalta la retorica negativa della diaspora scientifica è al centro di un progetto di ricerca dell’Università di Pisa e del MIT intitolato Transnational networks and cognitive remittances using Big Data”.

L’obietto dei ricercatori è di capire se, in che misura e in quali casi la migrazione qualificata possa rappresentare un elemento di vantaggio competitivo per luoghi di origine degli espatriati.

“Diversi paesi hanno già scommesso su questa prospettiva, identificando i propri emigrati con alti titoli di studio e alte professionalità come ambasciatori o antenne per l’attivazione di collaborazioni internazionali – racconta il professor Gabriele Tomei del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa che lavora al progetto insieme alla collega Roberta Bracciale e al dottorando Sebastian Carlotti.

Bracciale e Tomei hanno appena trascorso un periodo al Connection Science/Human Dynamics del Media Lab del MIT per definire le prime fasi del lavoro in attesa della prossima visita dei ricercatori statunitensi a Pisa nel gennaio 2023.

“Attraverso i big data, senza utilizzare sondaggi o interviste personali – continua Bracciale – stiamo mettendo a punto una metodologia del tutto nuova per poter realizzare monitoraggi rapidi e capaci di misurare la forza e il potenziale di sviluppo delle diaspore scientifiche”.

Il primo passo sarà dunque individuare le basi dati per analizzare la struttura e il funzionamento delle reti transnazionali di scienziati espatriati e i loro collegamenti con studiose e studiosi nei paesi di origine, compresa una analisi delle “rimesse cognitive” (cioè collaborazioni scientifiche e editoriali, scrittura congiunta di saggi, contatti, ecc.) generate all’interno di queste reti.

dida foto: Roberta Bracciale e Gabriele Tomei

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