OLTRE IL CORONAVIRUS: COME LA TELEMEDICINA TRASFORMERÀ LA SALUTE NEI PROSSIMI ANNI


di Giuseppe Catarinozzi, Direttore di PA e Sanità di Minsait in Italia

Salute e Innovazione sono sempre andati di pari passo. Dagli sforzi di Ippocrate nell’antica Grecia agli studi sulla cura del cancro, tutte le scoperte che hanno portato un miglioramento della qualità della vita ai cittadini sono dipese da persone in grado di utilizzare la migliore tecnologia disponibile per anticipare scenari, sperimentare e trovare le cure.
In questo continuum storico, a volte, si verificano eventi che accelerano l’innovazione applicata alla salute e che ci permettono di fare dei salti di qualità nella cura e nel trattamento dei cittadini. L’attuale pandemia sembra essere uno di questi eventi, o potrebbe diventarlo se solo riuscissimo a mettere le tecnologie digitali, che sono già a nostra disposizione e che sono adoperate in altri settori, al servizio di ciò che è più importante: la nostra salute.
In Italia la pandemia sembra aver rilanciato l’adozione delle tecnologie di telemedicina. Secondo l’Osservatorio per l’Innovazione Digitale nella Sanità del Politecnico di Milano, in Italia tre medici specialisti su quattro sono d’accordo sul fatto che la telemedicina sia stata decisiva nella fase di emergenza; e una grande maggioranza dei medici di medicina generale si dice determinata a volerla applicare in futuro.
Questo nonostante il fatto che i livelli di adozione dei sistemi di telemedicina nel nostro Paese siano ancora bassi. Per dare un dato significativo evidenziato dal Politecnico: durante la pandemia solo il 6% dei medici italiani si riteneva preparato e dotato degli strumenti tecnologici necessari per svolgere il proprio lavoro in maniera agile.
Inoltre, in molti casi, abbiamo ancora una visione troppo limitata di ciò che la telemedicina rappresenta e, in generale, dei benefici dell’innovazione digitale nel settore sanitario. In tal senso, altri paesi stanno già realizzando progetti interessanti che vanno ben oltre la teleassistenza.
Recentemente la piattaforma TELEA, sviluppata per il Servizio Sanitario della Galizia in Spagna, ha consentito il monitoraggio in tempo reale di quasi 4.000 pazienti con COVID-19 isolati durante la pandemia, contribuendo così a rilevare casi gravi e a ridurre la saturazione degli ospedali e dei centri sanitari della regione spagnola. Per Bidafarma è stata realizzata una soluzione che facilita l’individuazione del cancro della pelle entro 48 ore, mentre, per l’Africa subsahariana, si stanno sviluppando soluzioni con l’obiettivo di installare servizi di telemedicina attraverso i satelliti.
Il ritorno dell’investimento di questi sistemi è veloce e significativo, cosa che ha rilanciato la crescita del settore a livello globale. Secondo il Market Research Future, il mercato globale dei servizi di e-health raggiungerà i 270 miliardi di dollari nel 2023, un 125% in più rispetto al punto di partenza nel 2016, con un CAGR di circa il 12,9% nel periodo di previsione 2017-2023. Sono stime realizzate prima della pandemia che, molto probabilmente, dovranno essere riviste al rialzo.

Per sfruttare i benefici di queste innovazioni in Italia è fondamentale – e sempre più urgente nell’attuale contesto – un progetto nazionale in grado di unire gli sforzi locali e interconnettere i sistemi sanitari regionali con un approccio sistemico, basato sulle più recenti tecnologie di interoperabilità, capaci di garantire la cooperazione interregionale.

In questo senso, emerge un altro progetto sviluppato in Colombia. Recentemente la capitale del paese, Bogotá, ha realizzato un progetto per integrare l’informazione dei pazienti in 22 ospedali pubblici della regione. La soluzione utilizzata si basa sul FHIR (Fast Healthcare Interoperability Resources), l’ultimo standard di interoperabilità sviluppato e promosso dall’organizzazione internazionale HL7 (Health Level Seven), l’azienda responsabile di alcuni dei protocolli di comunicazione più utilizzati in ambito sanitario. Da questa iniziativa i professionisti dell’assistenza ottengono risposte rapide e precise, che li supportano nei processi decisionali clinici, oltre ad altri strumenti che li aiutano nei progetti di ricerca clinica e nei documenti scientifici.
Riunire le persone, migliorare l’assistenza alle comunità e facilitare le diagnosi sono compiti impegnativi ma che continueranno ad acquisire sempre più importanza in futuro. La loro realizzazione sarà il passo successivo nell’evoluzione dell’assistenza sanitaria globale. Immaginiamo i vantaggi che avrebbe comportato l’aver potuto disporre di un sistema sanitario nazionale digitalizzato durante la crisi, capace di garantire la cooperazione e il coordinamento tra le regione per far fronte alla sua progressiva saturazione.
L’evoluzione del settore sanitario è – storicamente – un processo lento e graduale. Oggi ci troviamo ad affrontare un evento inaspettato che potrebbe portare all’accelerazione dell’innovazione del sistema. La telemedicina è un importante passo verso il futuro e la pandemia rappresenta un’opportunità. Dobbiamo solo essere pronti a coglierla.

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