L’ultimo rifugio

(8 minuti di lettura)

L’ultima immagine che ho davanti agli occhi sono i confratelli che battono la foresta a caccia dei già morti Dobbiamo averne tolti di mezzo un gran numero Poi non saprei esattamente cosa è successo D’un tratto è calato il buio Non so se sto fuggendo da qualcosa o da qualcuno Dai già morti o dai mie confratelli Credo di aver vagato per giorni Non so quanto ho camminato Dieci venti chilometri forse di più Fino a sbattere contro questo tugurio ridotto in rovina Come la mia mente
Il tetto è in lamiera le assi delle pareti sono oblique propense a crollare al primo soffio di vento Una finestra ha metà dei vetri mancanti un’altra è completamente nuda Mi sono trascinato fino alla porta di metallo mangiata dalla ruggine socchiusa e incastrata sul pavimento L’ho aperta quanto è bastato per trascinarmi dentro Non avrei potuto muovermi ancora a lungo Sono in un bagno di sudore tremo ho un’oppressione al torace un senso di soffocamento violenti conati nausea ne capisco abbastanza da sapere di non avere scampo di essere rintanato qui in attesa di crepare
Ho riaccostato la porta spendendo le ultime forze Questo posto assediato da erbacce è un’offerta del destino Non potevo rifiutarla L’arredamento è una rete con un lercio materasso e una più lercia coperta un piano da lavoro una bassa cassettiera una sedia piegata su una gamba spezzata Sul pavimento sgangherato di legno in un angolo sparsi alcuni attrezzi da falegname e poi rifiuti lattine cartacce stracci accanto al letto chiazze forse escrementi e segatura un martello una pialla senza lama una raspa chiodi sparsi Nient’altro Nei cassetti un coltello a serramanico altri chiodi una lima una tenaglia e un mozzicone di matita piatta da falegname Sarebbe sufficiente credo a scrivere non saprei dove il breve capitolo finale della mia esistenza Quello che manca è l’amoxicillina per tentare un’improbabile sopravvivenza
Ho nella mente una nebbia che nasconde i ricordi più recenti e confonde i più vecchi Le sequenze sono scompaginate Le immagini si alternano nette e confuse confuse e nette poi ancora confuse Tutte su uno sfondo oscuro Volti a cui non so attribuire nomi parole pensieri tanto meno sentimenti o attitudini

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La mia vita sfuma E con la vita si spegne l’archivio sempre più labile della memoria Devo aver vissuto l’ultima era dispotica dei sapienti Non so che cosa stia avvenendo nel resto del Paese e neppure a due passi dalla porta arrugginita Da tempo non so cosa ne è della mia famiglia Di Gretha che mi ha lasciato di J.A. un figlio che mi considera un mentecatto E degli amici Nove su dieci mi hanno voltato le spalle prima con rammarico poi con rancore
Sono tutti dei già morti So solo questo Non saprei ripetere le parole che mi ferivano Non so esattamente su quale argomento Non so fino a non saper più nulla di nessuno e di niente
Non riesco davvero a immaginare cosa penserà un già morto o qualcuno dei confratelli trovando il mio corpo in questa baracca Dovrà decidere se lasciarlo qui a marcire o scavare una fossa Non me ne può fregare di meno faccia come crede

– Sul serio non ti importa?
– Tu chi sei? Che vuoi?
– Davvero non sai chi sono?
– Ci siamo già incontrati? In un incubo, vero?
– Ci vediamo ora per la prima volta. Posso esserti utile.
– Capita di sognare a occhi aperti e di parlare da soli.
– Non sono un incubo.
– No? Davvero? Comunque vai all’inferno.

Qualcosa di terribile è successo Nella memoria non c’è una distanza temporale tra il prima e il più prima Riconosco a stento l’adesso Ricordo la sete che mi bruciava Ho bevuto in una pozzanghera putrida che mi ha fottuto
Tutto credo sia iniziato con il mondo sprofondato nel panico per il dilagare delle notizie su una tosse chimica letale Così la definivano gli alti sapienti Ma la vera vittima è stata la verità I soloni sostenevano di aver fatto il loro mestiere Di aver unito le risorse e di aver fronteggiato l’attacco

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Dicevano mentendo di aver vinto Non è stato semplice smascherarli Combattere contro la psicosi collettiva che imprigionava le menti degli schiavi già morti Occorreva sapere dove indagare A quale fonti documentarsi su cosa veramente stava accadendo
Buffo la mia mente vacilla ma ricordo per intero l’insegnamento di un filosofo La verità ha detto non è un assioma fissato una volta per tutte Cresce e diminuisce a occhiate insieme alla vita al punto di diventare sempre più ingombrante e difficile per chi vi aderisce senza riserve come il naso di Pinocchio

– E tu che cosa hai fatto? Quale verità ha ingombrato i tuoi pensieri?
– Non sapevo a chi credere. Qualcuno dei confratelli per primo deve avermi aperto gli occhi. Dopo anche io non mi fidavo.
– Di che cosa?
– Dei giochi di prestigio che smontano la realtà e la rimontano a testa in giù. Tu vedi solo il finale, non ti accorgi del trucco. Il coniglio appare poi sparisce e tu pensi a un miraggio.
– Nessun dubbio di essere stato risucchiato nell’occhio di un ciclone di menzogne?
– Sai che c’è? non mi confido con le apparizioni.

I confratelli e le consorelle hanno sostituito la mia famiglia Ci siamo uniti nella verità contro l’inganno Per riconquistare la libertà dello scegliere e del sapere Abbiamo deciso di ricostruire la fiducia nella conoscenza Ma di farlo dalle origini Gradino dopo gradino Smontando le versioni contraffatte La comunicazione non doveva più fondarsi sui titoli accademici ma sulle figure di riferimento certificando le informazioni sulla base dell’incrocio degli sguardi delle sensazioni epidermiche di un linguaggio fondato sulla comune volontà di escludere gli imbelli e i loro burattinai
Niente più destra né sinistra né progresso né conservazione Da un lato la verità dall’altro le menzogne Abbiamo sconfitto l’ignoranza Hanno tentato di soffocarci ci hanno tolto la parola disseminando trappole nell’informazione nelle immagini sui media nelle scuole sui palchi teatrali persino nelle poesie sugli scaffali delle farmacie e dei supermercati nel cibo in quella tosse che spargevano fingendo di combatterla Alla fine due fronti contro I liberi e i già morti

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Quando hanno compreso che il nostro non era il belato di un gregge di pecore hanno iniziato a uccidere con falsi medicamenti chiunque portava una verità diversa Non ci hanno lasciato scelta Ci siamo difesi

– Da un mondo di nemici? Tra i tuoi… come li chiami? i confratelli… cercavi conoscenza o conferme?
– Non vuoi proprio capire quanto per me non esisti? quanto non ti do ascolto?
– Neppure ora disteso a morire vuoi aprire gli occhi.
– Li apro soltanto perché tu sparisca.

I confratelli suggerirono di rinunciare ai mezzi di trasporto Di non calpestare i marciapiedi Uscire soltanto per protestare e intasare le strade Smettemmo e impedimmo di comprare e di vendere Ho partecipato ai saccheggi e ai sabotaggi E all’esaltante rito dei roghi per distruggere le merci infette Comizi e cortei con folle di ribelli Scontri violenti Un crescendo inarrestabile Le imboscate e le rappresaglie
Gli schiavisti spargevano nell’aria la tosse chimica con sostanze capaci di offuscare le facoltà mentali L’indicazione dei confratelli esperti è stata all’aperto di evitare il respiro profondo L’aria deve essere inspirata solo dalla bocca deve gonfiare i polmoni senza raggiungere la pancia Non trattenere il respiro Espirare rapidamente senza contrarre gli addominali È una tecnica che non dà il tempo alle sostanze ipnotiche di agire sull’ippocampo addomesticando i pensieri Ma non è bastato Chi non ha aderito alla verità si è fatto complice Li abbiamo smascherati fracassando radio e televisioni Abbattendo i ripetitori Per metterli definitivamente a tacere
La verità è un traguardo pagato a caro prezzo Abbiamo deciso che combattere valeva la pena Essere anti ogni cosa Per non essere complici

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– E il risultato è questo?
– Cosa intendi?
– Morire in un rifugio fetido.
– Non sono il primo a morire e non sarò l’ultimo.
– Lo so bene. Ne ho accompagnati molti di quelli che chiami confratelli. E di quelli che chiamate già morti. Quali già morti? quali ancora vivi? Ogni vita che nasce inizia a morire. Non è difficile da capire, più difficile da accettare.
– Anche tu sei un complice, né più né meno.
– Ti sbagli, il mio mestiere non ammette scelte o preferenze. E tu, ricordi almeno che lavoro facevi?
– Ero un medico. Prima che mi radiassero.
– Davvero non ricordi cosa ti ha bruciato la memoria?
– No. So che alla fine… è accaduto qualcosa… di terribile… non so cosa…
– Credimi, è meglio così.
– Quello che so… è che il mio tempo è finito… fammi morire in pace…
– Sì è l’ora. Amico mio lasciati andare. Dopo per un tratto ti indicherò la strada.

Epilogo

– La senti questa puzza tremenda?
– Sì, la sento, deve venire da quella baracca. Vieni, andiamo a vedere.

– Dammi un mano, spingi.

– Eccolo, è lui. Chiama i confratelli. Comunica di interrompere le ricerche. Saranno tutti sfiniti.

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– Senti… tu credi a quello che si dice? che si fosse pentito?
– Non lo so e non mi interessa saperlo. Quanti già morti abbiamo beccato nella caccia prima che lui sparisse? Una dozzina? Lui ha fatto la sua parte. So solo che è stato un comandante in gamba.
– Tu gli eri accanto quando…
– No, ero indietro, gli coprivo le spalle. Il suo J.A. ci è apparso… gli è apparso d’un botto davanti puntandogli contro un AR-15. Poi… poi stupidamente lo ha abbassato.

Postfazione

Dobbiamo pensare ad altre forme di azione. Perché lottare con un avversario intellettualmente, spiritualmente morto è più difficile che lottare con un avversario vivo.
(Giorgio Agamben, 8 dicembre 2021, convegno della Commissione dubbio e precauzione)

Vogliamo in qualche modo recuperare tutto il lavoro svolto dai nostri confratelli che hanno lavorato in questi due anni sulla rete.
(Carlo Freccero, 8 dicembre 2021, convegno della Commissione dubbio e precauzione)

Comincio a essere un po’ seccato che tutte le volte che devo parlare mi si facciano vedere intubati pentiti.
(Ugo Mattei, L’Aria Che Tira – La7, 23 dicembre 2021)

Il racconto che avete appena letto è stato sottoposto con una mail del 7 dicembre 2021 a un giudizio allargato di amiche e amici, alla vigilia del convegno torinese dell’8 dicembre. Nella narrazione ho fatto uso della locuzione già morti, risultata preveggente rispetto alla successiva affermazione di Agamben. L’annuncio di Carlo Fruttero mi ha poi suggerito di mutare il sostantivo fratelli – utilizzato nella trama in riferimento a un’unità di intenti di un insieme di persone – con confratelli. Il commento infine di Ugo Mattei ha fatto sì che introducessi nell’epilogo un accenno alla ipotetica figura di un pentito.

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Per il resto la storia è stata scritta con il pensiero rivolto a tutti coloro che negli ultimi due anni, a causa del Covid-19, hanno subito lo straziante dolore di perdere una persona amata senza poterle offrire il conforto della propria vicinanza. Ma la trama non ha evidentemente nulla a che vedere con l’attuale realtà. Ed esclude radicalmente ogni inopportuno intento didascalico. Il tono scelto non è leggero. Del resto come avrebbe potuto esserlo? Il risultato di conseguenza non ha un gusto dolce. Tutt’altro: può rivelarsi un boccone amaro e fors’anche irritante. Chiedo dunque scusa se avessi involontariamente urtato qualche sensibilità. e.t.

© 2022 TutteStorie! Ma allevate all’aperto.

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