Un sensore bioriassorbibile sottopelle per monitorare i segnali del corpo
Il dispositivo è stato sviluppato da un team di ricercatori coordinato dal professor Barillaro del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa
Un sensore più sottile di un francobollo, biocompatibile e bioriassorbibile, impiantabile sottopelle riuscirà a monitorare in tempo reale alcuni parametri del corpo come il pH e l’efficacia dei farmaci somministrati, aprendo così la strada a nuove procedure cliniche e diagnostiche.
Il risultato è pubblicato nella rivista Advanced Science, e reca la firma del team di ingegneri elettronici del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa (DII), coordinati da Giuseppe Barillaro, in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia e Surflay Nanotec GmgH di Berlino.
“Il livello del pH, da cui emerge una eventuale acidificazione dei tessuti – spiega Giuseppe Barillaro – è, tra altre cose, indicativo dell’insorgenza e della progressione di malattie come il cancro e problemi cardiaci. Fino ad ora la misura del pH viene svolta con analisi di laboratorio, che richiedono in genere il prelievo di fluidi corporei e non riescono a misurare l’eventuale acidificazione di una zona di interesse specifico con elevata accuratezza. Il nostro sensore, costituito da una membrana di silicio nanostrutturato ricoperta da un polimero fluorescente riesce a fornire un risultato immediato, accurato e soprattutto continuo nel tempo del livello di pH nel tessuto di interesse. È sufficiente illuminare la zona della pelle in cui il sensore è impiantato con una luce verde. Il sensore emetterà una luce rossa più o meno intensa, indicativa del livello di pH. Infine, il sensore si degraderà dopo l’uso all’interno del corpo, senza necessità di rimozione chirurgica.”
“Il sensore funziona per circa 5 giorni – aggiunge Martina Corsi, dottoranda in elettronica al DII – poi inizia a biodegradarsi, e in un periodo breve di tempo viene completamente riassorbito dal corpo senza conseguenze.”
“Di solito i dispositivi impiantabili sono protetti da una rivestimento opportuno – aggiunge Alessandro Paghi, ricercatore presso il DII – per non essere aggrediti e messi fuori uso dal nostro sistema immunitario. Questo rende molto difficile realizzare dei sensori chimici impiantabili, che non possono essere protetti perché funzionano solo se interagiscono chimicamente con il nostro corpo. Noi abbiamo dimostrato che può essere realizzato un sensore chimico non solo impiantabile, ma anche biodegradabile, una scoperta che apre la porta a innumerevoli applicazioni in ambito biomedico”.
Il team di Barillaro ha infatti di recente vinto un progetto Europeo, RESORB (www.resorb-project.eu), del programma Horizon Europe, il nuovo Programma Quadro per la Ricerca e l’Innovazione dell’Unione Europea per il periodo 2021-2027, che ha l’obiettivo di sviluppare ulteriormente il sensore, aggiungendo dei biorecetttori per la quantificazione di molecole target di interesse clinico/diagnostico in-vivo, in-situ e in tempo reale. RESORB si concentrerà sulla quantificazione di un farmaco chemioterapico, la doxorubicina, con lo scopo di ottimizzarne il dosaggio durante il trattamento di pazienti con tumore, attraverso una misura diretta e continua – nel tempo – del quantitativo di farmaco nel sito di impianto.
“Il sensore sviluppato, e la sua ulteriore evoluzione nel progetto RESORB – conclude – apre la strada per la messa a punto di sensori chimici capaci di effettuare analisi cliniche direttamente all’interno del corpo, per poi dissolversi senza necessità di rimozione chirurgica. Tali sensori, impiantabili e bioriassorbibili, hanno la potenzialità di rivoluzionare le procedure cliniche/diagnostiche garantendo un monitoraggio continuo di una molecola specifica nel tessuto di interesse, e quindi informazioni in tempo reale sia sullo stato di salute del paziente sia sull’efficacia dei farmaci. Un ulteriore passo avanti verso una medicina di precisione e personalizzata”.*****
Nelle immagini:
1. Il sensore impiantato nella pelle artificiale2. Un’immagine del sensore3. La biodegradazione del sensore a 2 mesi di distanza